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MASSA, CULTURA DI
Produzione culturale che si rivolge non a un pubblico
selezionato composto di persone istruite, ma a uno più vasto e indifferenziato,
per l'appunto di massa, e viene diffusa attraverso canali diversi: i libri,
i fumetti, le riviste, i giornali, i programmi televisivi e quelli radiofonici,
i film e i dischi. La cultura di massa è concomitante con altri fenomeni
quali l'istruzione diffusa, la società dei consumi e l'esistenza
di una industria culturale, un'industria cioè che produce cultura,
non diversamente dalla produzione di altre merci, su grande scala, non differenziando
i prodotti l'uno dall'altro ma fabbricandoli, per esigenze di economia,
tutti uguali, in serie appunto. Resa possibile dalle nuove tecnologie applicate
al tempo libero e all'informazione a partire dall'ultimo quarto del XIX
secolo e soprattutto dalle tecniche di riproducibilità delle immagini
e dei suoni, la cultura di massa ebbe un antecedente storico nella letteratura
popolare che si diffuse in particolare in Inghilterra e in Francia negli
anni dell'industrializzazione. Il feuilleton e il romanzo a puntate,
caratterizzati da una forte polarizzazione tra il vizio e la virtù,
da un grande uso di soluzioni a effetto e di situazioni emozionanti, erano
anche fortemente ripetitivi, ricorrendo continuamente a una stessa tipologia
di situazioni e di personaggi, prevedibili per il pubblico e quindi producibili
in serie. La letteratura popolare ebbe, nella società europea che
si stava industrializzando, un'importantissima funzione: essa permise la
socializzazione nella vita urbana di quell'epoca, caratterizzata per la
prima volta da grandi città, da grandi e piccole industrie, dal denaro,
da un violento conflitto sociale, da un diverso modo di mangiare, di vivere,
di morire. Per esempio il genere poliziesco (che è un esempio di
ripetizione di una stessa tipologia di racconto) consentiva di convivere
con il fenomeno della nuova criminalità. Entrambe queste caratteristiche
si mantennero nella cultura di massa: da un lato, ogni suo prodotto veniva
preparato sulla base di aspettative prevedibili, in modo da trovare per
quel prodotto il pubblico più esteso possibile; dall'altro lato essa
esprimeva un forte bisogno di novità, poiché la stessa tipologia
di situazioni e di personaggi doveva presentarsi in modo sempre diverso
per poter rendere un prodotto competitivo sul mercato, come nel fenomeno
della moda.
LA SCOMPARSA DELL'AUTORE. Il ruolo dell'autore in questa produzione
culturale era molto diverso rispetto alla cultura alta: all'autore
singolo di un prodotto artigianale, che esprime in essa la sua personalità,
si venivano sostituendo autori divenuti famosi per aver pubblicato opere
di successo, di basso impegno e largo consumo, oppure autori di nome ignoto
dei quali si ricordavano però i personaggi, le serie, le collezioni,
i programmi. In molti casi infine l'autore individuale lasciava il posto
a un lavoro di squadra. In quest'ultimo caso, sempre più presente
nel mondo del cinema, dei fumetti, dei romanzi rosa, non avevano più
importanza le caratteristiche proprie del grande autore (la sottigliezza,
la profondità) ma piuttosto le capacità organizzative, la
familiarità con le tecnologie, la facilità a lavorare in gruppo.
D'altra parte la cultura di massa fa coesistere il divismo con la serializzazione
dell'opera e la scomparsa dell'autore: forse più di culture popolari
del passato essa sente il bisogno della personalizzazione del prodotto,
dell'identificazione del pubblico con attori, cantanti, modelli, personaggi
immaginari, superuomini di massa. Un'importante funzione della cultura di
massa infatti è appunto quella di introdurre come membri del pubblico
figure che un tempo ne erano escluse, e che spesso sono quelle più
attratte dal divismo, come nella seconda metà del Novecento le donne
e gli adolescenti. Probabilmente per la stessa ragione l'avvento della cultura
di massa corrisponde a una sentimentalizzazione di molti prodotti culturali,
così che tutto quello che riguarda la vita affettiva diviene la trama
centrale dei prodotti a più ampia circolazione.
L'INTELLETTUALE DI MASSA. La figura dell'intellettuale si modificò
profondamente: molto più inserito di un tempo nel circolo della produzione
e del consumo, venne perdendo autonomia e individualità specifica
diventando parte di un processo produttivo generale al pari di altre figure
professionali. Quantitativamente più numerosi, meno carismatici come
figura sociale, gli intellettuali reagirono a questa situazione in modo
diverso. Chi, rivendicando il ruolo tradizionale, si trovò a criticare
la cultura e la società di massa come morte della cultura, come barbaro
intrattenimento delle folle, minaccia per lo spirito e per la civiltà;
chi fu spinto a elaborare forme di fuga dalla propria specificità
(per esempio nella politica o nella profezia); chi, svolgendo la sua professione
per un mercato di massa, giunse a pensare sé stesso come un lavoratore
non diverso dagli altri, ponendo le basi per la sindacalizzazione delle
nuove figure professionali.
CAMBIAMENTO E PERSISTENZA. La cultura di massa, propria di un'età
industriale, prese il posto delle culture popolari preindustriali, intrattenendo
però con queste un rapporto non lineare. Effetto e compensazione
dello sradicamento delle culture contadine, mantenne però fortissime
continuità con la cultura mitica e fiabesca, con i suoi temi, le
sue figure, i suoi percorsi. Forse per questo già alla fine del XIX
secolo un paese nuovo come gli Stati Uniti d'America, nel quale era avvenuto
un grande rimescolamento delle varie culture popolari europee con le tradizioni
nere, era diventato il più grande venditore di cultura di massa al
resto del mondo.
M. Nacci
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